L'editoriale di Marco Travaglio - Da il Fatto Quotidiano del 19-02-2014
Incoerenzi
(Marco Travaglio)
Siccome è nell’interesse di tutti che il governo Renzi combini qualcosa di
buono, si spera vivamente che le anticipazioni sui possibili ministri
uscite sui giornali, compreso il nostro, siano tutte false. E cioè che il
turbopremier e il suo entourage si divertano a far filtrare nomi
improbabili e impresentabili per nascondere la vera lista dei ministri, da
sfoderare al momento giusto per stupirci tutti. Se così non fosse, ci
sarebbe da dubitare non solo della buona riuscita del nuovo governo, ma
anche della sanità mentale del suo capo. Renzi giurava di non voler
cambiare il governo, ma l’Italia. Ora ha cambiato il governo e l’Italia
(almeno quella politica) rischia già di cambiare lui. Lui che il 4
dicembre, appena prima di diventare segretario del Pd, domandava a Letta:
“Ma come si fa a governare con Alfano, Giovanardi e Formigoni?”. Ora ce lo
spiegherà lui come si fa, visto che governerà con Alfano, Giovanardi e
Formigoni mentre persino i più autorevoli suoi supporter rifiutano di
entrare nel suo governo. Per carità, sappiamo bene quali prezzi deve pagare
chi deve gestire un’Armata Brancaleone che stando alle elezioni di un anno
fa e agli ultimi sondaggi rappresenta poco più di un terzo dei votanti e di
un quinto degli italiani, e che in Parlamento si regge sul premio di
maggioranza del Porcellum raso al suolo dalla Consulta. Ma un forte segnale
di novità e discontinuità rispetto al governo Letta è d’obbligo, non
foss’altro che per giustificare l’improvviso e improvvido ribaltone a
Palazzo Chigi. Oltre ché per tener fede alla fama di Rottamatore,
Innovatore, Demolition Man. Qualche nome nuovo e valido circola (Colao,
Guerra, Gino Strada), ma stradomina l’Ancien Régime. Agli Esteri e
all’Interno si dice che lascerà la Bonino, entrata in Parlamento 38 anni
fa, e Alfano. Ma come fa? L’estate scorsa, quando esplose lo scandalo
Shalabayeva, Renzi disse che, se fosse già stato il segretario del Pd,
avrebbe sfiduciato Alfano, colpevole di “una vicenda di cui come italiano
mi vergogno, che coinvolge una bambina di sei anni” ed era “indegno
scaricare su servitori dello Stato e forze dell’ordine tutte le
responsabilità senza che venga mai fuori un responsabile politico”. Tutto
dimenticato?
Un altro uomo forte del “nuovo” governo Renzi dovrebbe essere Dario
Franceschini, che qualcuno vorrebbe financo vicepremier: ma quando, nel
2008, divenne segretario del Pd al posto di Veltroni, Renzi lo chiamò
“vicedisastro” perché aveva condiviso con Uòlter la disastrosa campagna
elettorale che aveva portato al trionfo di B.. Come può un vicedisastro
diventare il vice-Renzi, o anche soltanto un suo ministro? Per l’Economia
si alternano fautori di una mega patrimoniale, come Barca; rigoristi come
la Reichlin, aspirante banchiera londinese, il bocconiano Tabellini e i
boiardi Bernabè e Padoan; e vecchi politici come Delrio (sindaco di Reggio
Emilia) e addirittura Fassino. Per dire quant’è grande la confusione sotto
il cielo.
Idem per lo Sviluppo e il Lavoro, dove sembra non si riesca a immaginare
nulla di più nuovo e discontinuo di un Ichino, un Moretti, un Montezemolo:
le quintessenze del vecchio establishment. La Giustizia, devastata da
vent’anni di leggi vergogna trasversali, chiederebbe uno sforzo
supplementare di coraggio e fantasia. E invece ecco un “ex” di 18 anni fa
come Flick; il solito Vietti che, sebbene abbia materialmente scritto la
porcata sul falso in bilancio, pare non piaccia (più) a B.; Guido Calvi,
l’avvocato di D’Alema e Geronzi e il coautore di pessime leggi; Andrea
Orlando, diplomato al liceo scientifico; e – udite udite – Livia Pomodoro,
che già negli anni 80 lavorava al ministero della Giustizia con la Dc e il
Psi e poi con Conso in piena trattativa (dovrà testimoniare al processo), e
tre anni fa concordò con Ghedini un calendario del processo Mills così
lento che andò in prescrizione prim’ancora della prima sentenza. Che cos’è,
uno scherzo?
Speriamo.
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